Che aria cattiva si respira tutta intorno a noi.
Non solo nuvole di O³, NO², SO², CO², IPA e tutto il resto dell’amalgama di veleni conosciuti e contenuti nel particolato. Il PM10 o PM2.5, i quali altro non sono che questo mix di ossidi e chimica in aerosol nel quale è disciolta l’aria che respiriamo, ogni giorno quantificata in “Inquinata”, “Scadente” o, se va bene, “Mediocre”.
Ma qui mi riferisco a quell’altra “Aria”:
La crisi, quest’aria, il continuo stress, le ristrettezze economiche evidentemente induriscono. Ovunque volti cupi, sulle difensive, aggressivi, o peggio chini su uno schermo di qualche pollice.
Come per le condizioni atmosferiche ci vorrebbe una ventata di purezza, ma solo la natura fa del suo meglio per cambiare ogni tanto l’aria come una massaia diligente.
Io intanto sono quello di dietro e dentro quell’aria. Sono quello che si ferma per far passare la bici e il pedone sulle strisce pedonali o l’auto all’incrocio. Sono anche il tipo che subisce il sorpasso sulla striscia continua -quello smarcato di scatto a destra a 60 cm dal mio muso, per rientrare bruscamente nei pochi metri che sto lasciando come distanza di sicurezza- oppure che si accolla il fanale sinistro nello specchietto per un paio di chilometri, prima che egli si decida a fare quella benedetta manovra pericolosa che finalmente gli fa battere il cuore. Quella lì nelle sue mani non è una macchina, ma una leva a piede di porco! Peggio. Un’arma. La morte!
Restando in tema automobilistico.
Vedo tangenti che tagliano le rotonde, dove abbiamo ormai imparato che sterzare non è proprio vero che serva.
I clacson non hanno più la pietà dei secondi, ormai sono decimi o millesimi di secondo, per poi correre in fila 100 metri avanti.
Io sono quello in alto, su una bici, con la testa ad altezza SUV, dove posso vedere chiaramente quegli smartphone sui sedili, sul cambio, sulle gambe, sul volante o peggio, all’orecchio.
Qui sono la coscienza dell’altrui tristezza.
Riassumo. 1.000 miliardi all’anno di spesa per la collettività, ossia il 7% del PIL delle 27 nazioni europee, contro il PIL generato dal comparto auto in Europa che ammonta al 6,8% del totale. 25.000 morti/anno per incidenti stradali e 50.000 morti premature per inquinamento.
Morale della storia? Il settore automotive in Europa costa di più di quello che rende, proprio perché costa indistintamente a tutti, anche a chi non ne beneficia.
In giro
Esci di casa e per chi incontri il saluto è spesso un opzione. Solo rari anziani hanno ancora quella speciale particolarità di guardarti, sorridere, annuire ed eventualmente aprire la boccuccia con un bel “buongiorno!”. Ahh, che rarità. Quando capita è pura gioia. Ci siamo riconosciuti come umani, quell’umanità che è natura a dire “io”.
Tu non ti vedi. Io ti vedo. Noi tutti ti vediamo. Come scimmie replichiamo.
Ma ci lamentiamo
Tutta questa pletora di frustrazioni marcia indomita verso una meta non chiara. Vogliamo essere i migliori nel modo peggiore. Vogliamo insegnare il modo sbagliato dell’esempio. Vogliamo essere non visti mentre agiamo al peggio. Vogliamo quel nuovo oggetto. Vogliamo dunque esistiamo.
Nel frattempo quasi nessuno sarebbe più in grado di cacciare e cucinare un pollo, figurarsi piantare e far crescere una melanzana o costruire qualcosa di utile. Le nostre idee le ereditiamo da uno schermo. Le esperienze della nostra cultura si sono perse nel tempo dei nostri cari andati. La nostra specializzazione è ormai quella di assoggettarci, truffare gli altri, guidare da un centro di commercio ad uno di smercio per poi tornare al divano e disquisire su come dovrebbero vivere la vita gli altri. Siamo bravissimi a lamentarci e a parlare di PPPP [Pallone, Politica, Pubblicità, Puttanate televisive], ma quando si tratta di parlare delle nostre unicità sappiamo solo guardare i peli negli occhi altrui. Specialmente se minoranza, perché poi non vogliamo ritorsioni. Capito? Anche vigliacchi.
Eppure respiriamo tutti la stessa aria
Eppure sarebbe tanto facile. Rinunciare alle aspettative, ai personalismi, al dubbio gusto di prevalere piuttosto che essere. Conoscere, anzi uscire dal guscio e conoscere, sperimentare, restare curiosi, vincere le paure di non farcela, facendocela. Respirare aria nuova. Rinunciare al fatto che da un fallimento si impara è il primo passo per capirsi, conoscersi e agire.
Si incontrano persone così, esistono davvero, ma di certo non sono sui social e neppure in TV. Sono ovunque ci siano state le attività di cui sopra. Nascoste in buie vie, dentro stanzoni di gruppi attivi, con la voglia di mettersi in gioco.
Forse a questo punto mi è chiaro il perché siano in pochi, non sono illuminati, sono persone che hanno scelto tutti i loro percorsi fino ad esaurirli. Amici e nemici non esistono, esistono convenienze di fatto. Quindi i vigliacchi servono perché siano di esempio, quello cattivo, come i polli servono ai lupi, come i pesci agli squali.
Azione -> Reazione
Per cambiare quest’aria non bisognerebbe mai smettere di dissentire, di porsi domande, di mettere in discussione tutto quanto, a partire dall’autorità, passando per i dogmi e i luoghi comuni, finendo con se stessi. Perché non esiste un’unica verità nell’aria, semmai questa sarebbe quella che ci fa smettere di pensare. Logico no?
In ogni epoca, chi tace il proprio dissenso è servo o, peggio, complice.
Eppure nel nostro mondo contemporaneo un uomo che dissente è un uomo licenziato. Sospetto addirittura che non ci si renda neppure conto di ciò, per il livello di ignoranza e di superficialità di cui gronda la nostra aria. Complici e servi consapevoli, perché schiavi di quel mutuo da pagare, le rate della libertà di stare in fila e dei propri personali vizi.
Cambiare è l’uscire dai propri schemi senza più rientrarci, non di certo cambiare aria una sera o il fine settimana, tantomeno il trasgredire di nascosto. Tutto ciò genera solo frustrazioni, quindi paura ed aggressività.
Serve invece cercare di raggiungere certe altezze in quest’aria, per poter respirare meglio.
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