Le conseguenze oggi
Un primo effetto del riscaldamento globale è lo scioglimento dei ghiacci. Al Polo Nord la superficie è del 13,2% sotto la media dal 1981 a oggi, e al Polo Sud dell’1,9%. Ancora peggio per i ghiacciai, che sono più piccoli e reagiscono più velocemente. Il Kilimangiaro ha perso l’85% della sua copertura dal 1912. In Alaska il 100% dei ghiacciai si sta assottigliano, sulle Alpi il 99%, sull’Himalaya il 95% e sulle Ande il 92%.
Si alza di conseguenza il livello dei mari che, portando acqua salata nei fiumi, creano danni all’ecosistema: rovinano i pozzi di acqua dolce e trasformano terreni fertili in campi aridi. Sta succedendo in Bangladesh. Lo scioglimento dei ghiacciai mette a rischio l’approvvigionamento di acqua dolce nelle stagioni calde e secche e riduce la capacità di produzione di energia idroelettrica. Le temperature più alte hanno impattano anche sull’agricoltura. La raccolta di grano è in sofferenza in Stati Uniti, Canada, Ucraina, Russia, Australia, Turchia ed Europa. In Italia la produzione registra un meno 10% rispetto allo scorso anno(Coldiretti).
L’incidenza dei comportamenti umani
Gli scienziati hanno iniziato a preoccuparsi alla fine degli anni ‘80. Nel 1988 a Ginevra l’Onu fonda l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), un foro scientifico per studiare il riscaldamento globale e che riunisce i più qualificati scienziati di 42 Paesi: climatologi, esperti di energia e fonti rinnovabili, oceanografi, statistici, matematici, fisici, geologi, geofisici, studiosi di scienze naturali, meteorologi, esperti di scienze atmosferiche, esperti di ecologia, glaciologi, biologi, chimici, esperti di disastri naturali, esperti di risorse naturali, ingegneri. La loro conclusione è unanime: l’aumento delle temperature è dovuta alle attività umane.
L’utilizzo di fonti energetiche di origine fossile, deforestazione, decomposizione di rifiuti, allevamenti intensivi di animali causano emissioni artificiali nell’atmosfera di anidride carbonica e metano. Da qui l’effetto serrache fa aumentare le temperature. Scrive l’IPCC «a partire dagli anni ‘50, molti dei cambiamenti osservati non hanno precedenti». La concentrazione di C02 nell’atmosfera non è mai stata così alta: ad aprile, per la prima volta negli ultimi 800mila anni, si è superato il limite di 410 parti per milione. Negli anni ‘50 le prime misurazioni davano 310 parti per milione: un quarto in meno di oggi.
Analizzando la composizione delle bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio dei poli, si è scoperto che per molte migliaia di anni i livelli di CO2 in atmosfera sono oscillati tra 170 e 280 parti per milione.
Le previsioni
Per l’IPCC l’ipotesi peggiore è che la temperatura salga dai 6 ai 12 gradi entro il 2100. A quelle temperature tutto il ghiaccio si scioglierà e l’oceano salirà di 75 metri, inondando le case di un terzo della popolazione globale. Intere regioni si trasformeranno in deserti e rallenterà la produttività di cibo.
Già oggi in Italia il bacino del Po, che irriga la Pianura Padana, dove si concentra il 35% della produzione agricola nazionale e il 40% del Pil italiano del settore, è sempre più sottoposto a periodi di secca. È successo nel 2003, 2007, 2012 e 2017. Gli agricoltori sono obbligati a scegliere quali coltivazioni innaffiare e quali lasciare al loro destino.
Il secondo pesante effetto sono le precipitazioni improvvise e intense con nubifragi, trombe d’aria, grandinate, che hanno causato smottamenti, frane ed esondazioni. Dal 2013 al 2016 18 Regioni italiane sono state colpite da 102 eventi estremi che hanno provocato alluvioni o fenomeni franosi.
Cosa sta succedendo in Italia
Il livello del Mediterraneo sta continuando a salire per effetto dello scioglimento dei ghiacci e per il fatto che il nostro mare è più basso di 20 cm rispetto all’Oceano Atlantico e di 50 rispetto al Mar Nero. Dagli stretti di Gibilterra e dei Dardanelli c’è un continuo travaso di acqua verso il Mediterraneo: entro il 2100 le acque del mare copriranno 5.500 km quadrati di pianura costiera italiana. Lo dice uno studio di luglio 2018 dell’Enea, elaborato insieme al Mit di Boston, e che integra dati oceanografici, geologici e geofisici, secondo il quale negli ultimi 200 anni il livello medio degli oceani è aumentato a ritmi più rapidi rispetto agli ultimi 3 mila anni, con un’accelerazione allarmante pari a 3,4 mm l’anno anno solo negli ultimi due decenni.
Aree costiere a rischio
Le nuove aree costiere italiane a rischio inondazione comprendono le zone di Pescara, Martinsicuro (Teramo e la foce del Tronto), Fossacesia (Chieti), Lesina (Foggia), Granelli (Siracusa), Valledoria (Sassari) e Marina di Campo sull’Isola d’Elba. Si aggiungono quindi a quelle già individuate nell’area dell’alto Adriatico compresa tra Trieste, Venezia e Ravenna, nel golfo di Taranto, nelle piane di Oristano e Cagliari, in Toscana (Versilia), nel Lazio (Fiumicino, Fondi e altre zone dell’Agro pontino), in Campania (piane del Sele e del Volturno) e in Sicilia (aree costiere di Catania e delle isole Eolie).
Cosa bisogna fare
Bisogna limitare l’aumento della temperatura a non oltre 2° rispetto all’era preindustriale (obiettivo minimo dell’accordo mondiale sul clima di Parigi del 2015) entro il 2035. Lo dicono i ricercatori del Centro studi sistemi complessi di Utrecht e dell’Università di Oxford, collegato all’IPCC. Quello è il punto di non ritorno. Significa che tutti i Paesi devono aumentare la quota di energia rinnovabile del 2% all’anno, e diminuire i consumi da fonte fossile.
Come diminuire i consumi
- Efficientamento energetico delle abitazioni
- Usare elettrodomestici e lampadine a basso consumo
- Produrre automobili a miglior rendimento
- Produrre auto elettriche
- Spegnere le centrali elettriche a carbone
- Ridurre l’allevamento intensivo di animali
- Aumentare l’energia elettrica da fonti rinnovabili
Stiamo prendendo sul serio l’allarme Pianeta?
Gli Stati firmano gli accordi e poi, in patria, non li fanno rispettare. È complicato cambiare modello di sviluppo. L’economia che va a morire, per lasciare posto a una nuova che cresce, resiste e ostacola, supportata da contro studi che affermano l’ininfluenza dell’attività umana sui mutamenti climatici.
Chi sono i negazionisti
L’associazione negazionista più forte è la Global Warming Policy Foundation, creata da lord Nigel Lawson ex ministro delle Finanze di Margaret Thatcher nel 2009. La loro tesi è che la Terra stia vivendo un periodo caldo ciclicocome ve ne sono stati in passato, a causa di variazioni naturali come la radiazione solare, e che le elevate concentrazioni di anidride carbonica nell’aria di oggi siano l’effetto e non la causa del riscaldamento.
I cicli climatici della Terra
Nell’ultimo milione di anni gli scienziati hanno accertato un’alternanza di periodi glaciali ed interglaciali con periodicità di circa 100.000 anni. L’ultima glaciazione raggiunse il culmine circa 20.000 anni fa e da 10.000 anni ad oggi il clima si trova in una fase interglaciale favorita da un effetto serra naturale (causato da vapore acque, anidride carbonica, metano, protossido d’azoto e ozono), senza il quale la temperatura in superficie sarebbe di -18°.
Ma da chi è composta la Global Warming Policy Foundation? Da politici, ex banchieri, giornalisti e perfino un vescovo, e non ha mai rivelato i nomi dei propri finanziatori, affermando solo che nessuno di loro aveva significativi interessi nel settore dei combustibili fossili. Alcuni giornalisti investigativi della BBC però, ne hanno scoperti due: Neil Record e Lord Nigel Vinson, membri del Cda dell’Institute of Economic Affairs (IEA), un think tank sul mercato libero a sua volta finanziato da società che producono combustibili fossili e che ha preso più volte posizioni contro la politica di rallentamento del riscaldamento globale.
Cosa c’è di vero
Se dipende tutto dal Sole, dicono gli scienziati dell’IPCC, come mai le temperature sono aumentate più nell’atmosfera medio bassa che in quella alta, più di notte che di giorno, più in inverno che in estate, più a latitudini alte che basse? Anomalie che la teoria della ciclicità del clima non spiega. La difficoltà di previsione dipendono dalla complessità dei cicli di vita della Terra, più lunghi della stessa esistenza dell’uomo e che noi monitoriamo in maniera scientifica solo da qualche decennio. Le radiazioni solari, i raggi cosmici, le variazioni dell’orbita terrestre e i fenomeni ciclici che creano nel clima anomalie rendono complessi i modelli matematici di previsione sul futuro. Detto questo, è dimostrato che l’attività dell’uomo sta causando alterazioni al clima. E allora dobbiamo credere a quello che dicono gli autorevoli scienziati dell’IPCC o dare credito a Lord Lawson? Una domanda che non dovrebbe nemmeno porsi, visto che in ballo ci sono le sorti del Pianeta, e potrebbe non esserci appello. Invece ci crede Trump che dichiara «il concetto di riscaldamento globale è stato creato dai cinesi togliere competitività alla manifattura americana». E, intanto, sarebbe pronto a togliere le restrizioni sulle emissioni in atmosfera di metano da parte delle aziende.
La prossima conferenza sul clima si terrà a Katowice, Polonia, dal 3 al 14 dicembre 2018. Si discuterà su come contenere il riscaldamento globale, si farà una verifica sugli ultimi 3 anni, ma al tavolo, per la prima volta, non ci saranno gli Stati Uniti.
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